TRE PEZZI FACILI (2005)

TRE PEZZI FACILI
tre testi di Martin Crimp
Fewer Emergencies, Avviso alle donne irachene, Faccia al muro
traduzione di Pieraldo Girotto
regia di Fabrizio Arcuri
con Matteo Angius,Fabrizio Croci, Pieraldo Girotto
scene e costumi Rita Bucchi
produzione accademia degli artefatti05
con il patrocinio e il contributo del British Council
 

Tre pezzi facili. Una metà da cui partire
Crimpland è un paesaggio – un territorio con i suoi confini e un suo orizzonte – in cui il linguaggio prova a riflettere su se stesso e sulla realtà, o più precisamente sui gradi di realtà e finzione del linguaggio: su ciò che dice e su quello che non dice, su tutto quello che può o potrebbe dire. E’ un luogo teatrale e ideologico insieme, segnato da confini chiari, ma sempre rimandabili.
La poetica e l’estetica di questo autore inglese sono tratti decisivi del territorio che abbiamo deciso di esplorare. Ma noi qui non ci siamo nati: a Crimpland ci siamo arrivati – un po’ per caso ma con ostinazione, come fosse un destino.
Gli elementi centrali del progetto Crimp sono l’approdo ai testi ‘veri e propri’ e a una nuova modalità attoriale. La voglia di un teatro che rifletta sul linguaggio e sul reale (e che non solo racconti storie o comunichi messaggi) e una certa attitudine performativa più che squisitamente interpretativa ci hanno condotto alla drammaturgia inglese (Chris O’Connel, Sarah Kane, Martin Crimp).
In quello che di fatto è un laboratorio permanente Accademia degli Artefatti approfondisce e confronta il proprio percorso attoriale, i cui tratti salienti sono: il continuo gioco/sfasamento tra attore-personaggio-persona; la ricerca della più piccola verità possibile dell’azione teatrale; l’apertura e moltiplicazione dei sensi del testo; la costruzione di una relazione sulla scena tra attori e personaggi e persone che renda viva la performance teatrale e la renda sempre unica e attuale.
Se Fedra’s love raccontava di una desertificazione emotiva e relazionale, Dall'inferno, spettacolo ispirato e dedicato a Pasolini, entra nel merito dell'orrore di tutto il pronunciabile, del meccanismo della comunicazione che crea ed esalta a scapito dell'evento stesso, del labile confine mass-mediologico tra realtà e finzione. Poi è arrivato Crimp, che si è imposto come interlocutore naturale rispetto ad un’indagine sulla realtà e sulle sue rappresentazioni, e insieme ci si è svelato come luogo di esplorazione artistica e attoriale sorprendente. Qui siamo arrivati. E esattamente da qui stiamo partendo.
 

I testi
I tre testi che compongono lo spettacolo TRE PEZZI FACILI sono testi autonomi che la compagnia ha voluto mettere insieme perché ci ha riconosciuto l’opportunità di sviluppare di rendere spettacolare un processo di svelamento del sistema della comunicazione, teatrale e non. I pezzi hanno dei rimandi linguistici e di contenuto. Si completano. L’uno permette l’espansione dell’altro. Sono tre declinazioni di un tentativo di rappresentazione, e insieme del suo fallimento di fronte a una realtà che per la sua estrema e distruttiva potenza si rivela irrapresentabile. Tre modi di raccontare il contemporaneo, così impegnato a rendersi irraccontabile. Un’atto di ribellione, teatrale e comunicativo. Un’occasione inaspettata, teatrale e comunicativa.
Martin Crimp scrive delle pièces senza personaggi o indicazioni di regia: le battute sono precedute da un numero e si richiede solo che chi dice la prima battuta di 1 dica tutte le battute di 1. Niente di più. E allora come si lavora in assenza di personaggio – in assenza di un nome, di un’età, di un umore? Questa è la questione attoriale, ma anche ideologica, che pongono i testi di Crimp a chi li vuole rappresentare, ma anche a chi li vuole vedere rappresentati.
Insieme al testo, l’oggetto di rappresentazione diventa proprio questa assenza di qualunque riferimento, questa frammentarietà, che è la vita, quella vera.
Che vuol dire per l’attore sprofondare in questo vuoto? Come costruire un percorso interpretativo all’interno di queste vicende inafferrabili? Qui sta la performance dell’attore: asserire, parodiare, contraddire tutto quello che si è costretti a dire, e che spesso non si comprende se non un attimo dopo averlo detto. Si realizza così un continuo gioco di entrata e uscita dalla realtà che si sta generando in quel momento, e che è però l’unica realtà a cui si può credere.
Dunque la relazione che si instaura in quel momento tra i personaggi è l’unica cosa a cui ci si può aggrappare senza sedimentare niente, né atteggiamenti attoriali, né percorsi individuali introspettivi, che si sottrarrebbero alla relazione del momento, unica condizione di comprensione di discorsi in se assolutamente indecifrabili.
E in questo senso Tre pezzi facili, e soprattutto Meno emergenze, è più simile a una performance o a una istallazione ‘testuale’ più che a una messa in scena ‘teatrale’ vera e propria.
 

Meno emergenze (Fewer emergencies) Tre personaggi non identificabili discutono della vita di una famiglia, senza accorgersi (o forse se ne accorgono fin troppo) della guerra che esplode in strada, dei colpi che entrano dalla cucina, delle macchine che bruciano… I tre sottolineano come tutto stia migliorando: l’illuminazione stradale e l’andare in barca, le esplosioni e i feriti che diminuiscono. Tutto ha la rassicurante serenità di una canzonetta da supermercato. Bobby, il figlio, viene ferito ma loro canticchiano e sorridono e vanno in barca, e così, solo così, le cose migliorano…

Consigli alle donne irachene (Advice to Iraqi women) è in realtà un articolo che Martin Crimp ha scritto per un quotidiano inglese, in cui un ipotetico medico offre a ipotetiche mamme irachene semplici suggerimenti per la sicurezza quotidiana dei bambini, come fossero mamme viziate di bambini viziati di un qualsiasi sicuro paese dell’occidente: “La casa è una potenziale zona di guerra per i bambini: gli angoli dei tavoli, le stoviglie, le scale, il cassetto dei medicinali, ma niente paura…”


Faccia al muro (Face to the wall) racconta di una sparatoria in una scuola elementare. Tre persone discutono del fatto come fosse già avvenuto, ma poi improvvisamente ci si appassionano al punto che loro sembrano i protagonisti della strage che sta avvenendo proprio ora. Oppure è solo una prova per una messinscena teatrale, in cui uno dei tre ha bisogno di continui suggerimenti perché la sua parte proprio non riesce a ricordarla. E proprio lui forse è stato l’autore della strage o sta per esserlo, oppure è solo il cantante del Blues della consegna in dodici battute.
 


Estratti rassegna stampa


"Ecco uno spettacolo uno e trino che è capace di inchiodarvi al ridicolo insito in ogni tragedia del nostro mondo, che allineando o smontando il linguaggio ci restituisce tutto il senso d'una deriva amorale, umorale, gelidamente umoristica. Ecco un piccolo grande evento di terrificanti frantumazioni di logica, di pause impagabili, di sketch radicali e di cliché da pelle d'oca."
Rodolfo Di Giammarco, La Repubblica, 6 giugno 2005.

"Tre attori calibratissimi danno forza a questo lavoro, componendo una sottile rete di silenzi, un campionario di non detti, un elenco di negazioni e cancellature, per far brillare le poche parole che compongono gli scritti di Crimp".
Antonio Audino, Il sole 24 ore, 7 febbraio 2005

"Di eccellente qualità era stato l’ultimo spettacolo visto, [...] Tre pezzi facili ( ballata sul collasso del mondo) di Martin Crimp, molto bravi gli interpreti, Matteo Angius, Fabrizio Croci, Pieraldo Girotto (autore anche della traduzione), regia di Fabrizio Arcuri. [...] Assolutamente meritato quindi il Premio Ubu per « Migliore proposta di testo straniero » all’Accademia degli Artefatti che ha fatto conoscere Martin Crimp al pubblico italiano."
Valeria Ottolenghi, Gazzetta di Parma, 15 agosto 2006

 

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