FAUSTIN & OUT
TRA UN ATTO E L'ALTRO | ACCADEMIA DEGLI ARTEFATTI
FaustIn & out
dentro fuori sopra e sotto
il Faust di Goethe
di Elfriede Jelinek
Angela Malfitano Francesca Mazza
Matteo Angius Sandra Soncini
regia Fabrizio Arcuri
traduzione di Elisa Balboni e Marcello Soffritti
produzione Tra un atto e l’altro, Accademia degli Artefatti, Festival Focus Jelinek
in collaborazione con Emilia Romagna Teatro Fondazione
e con il sostegno della Regione Emilia Romagna
FaustIn & out si presenta come riscrittura del Faust di Goethe.
Riscrittura al femminile, che percorre e intreccia tre livelli di significato: filosofico, politico e della cronaca, secondo una tecnica consueta per l’autrice.
Elfriede Jelinek riprende la vicenda accaduta in Austria, del padre che ha tenuto segregata per anni la figlia nella cantina di casa, costringendola a un rapporto incestuoso, e la pone in una dimensione fisica e metaforica che prevede un alto e un basso, un fuori e un dentro. Per questo FaustIn & out è stato definito dalla stessa autrice ‘dramma secondario’: una specie di commentario teatrale all’opera di Goethe.
Quello che proviamo a fare qui è invertire le parti, ripiegare la Storia su se stessa, ridistribuire la parola prima: il Faust originale come commentario del testo della drammaturga austriaca.
Quindi la tragedia di Margarethe del Faust come punto di partenza.
C’è qualcosa dell’avanspettacolo nel testo della Jelinek, che fa di Faust il palcoscenico di un
cabaret. La vittima qui è il protagonista, come di là lo era il carnefice. Ma poi, chi è davvero la vittima? E chi il carnefice?
Nel testo della scrittrice austriaca possiamo vediamo la ri-attualizzazione di temi classici in forma moderna, in cui la violenza è quella del mefistofelico capitale e in cui l’illusione è quella di un’emancipazione, umana e di genere. Ma non c’è solo questo.
"Ha fatto tutto lui qui sotto, ha minato la porta e ci ha attaccato i tubi del gas, per poterci gas-tigare tutti in caso di fuga, così ha detto, ha ammesso, l'ha ammesso, ma non era vero: non c'era alcun gas, non aveva fatto cattivo viso a buon gioco, non c'era nessuna mina che potesse saltare in aria, l'unico che può saltare di sopra è lui, noi restiamo sotto, noi purtroppo dobbiamo rimanere sotto, era pur sempre il mio amato papà, non c'era alcuna mina cattiva là sotto da noi.
L'aveva detto soltanto per incuterci paura della libertà. Come se non l'avessimo già! Eravamo la sua unica clientela, la clientela di papà, avrebbe potuto comportarsi meglio con noi, ma in ogni caso ci dava da mangiare, eravamo la sua famiglia. Eravamo la sua seconda famiglia. Certi non ne hanno neanche una e lui ne aveva due. La mia lingua ha persino trovato una parola, di solito non è capace di trovare abbastanza parole, ma una ora ce l'ha, la lingua è una delle poche cose che qui si possono muovere, c'è così poco spazio…"
Elfriede Jelinek scrittrice austriaca, Premio Nobel per la letteratura 2004 con la motivazione “per il fluire musicale di canto e controcanto nei romanzi e nei drammi, che con straordinario ardore linguistico rivelano l’assurdità dei cliché della società contemporanea e il loro potere soggiogante”.
Ha studiato pianoforte, organo, chitarra, violino, viola componendo musica fin dalla più tenera età. Si è diplomata al Conservatorio di Vienna. Nel 1967 il suo esordio letterario con la raccolta di poesie Schatten Lisas, cui sono seguiti romanzi, opere teatrali e interventi saggistici e articoli. Ha tradotto in tedesco William Shakespeare, Thomas Pynchon, Georges Feydeau, Eugène Labiche, Christopher Marlowe e Oscar Wilde. Dal 1979 sono pubblicati i suoi romanzi e testi teatrali.
Ha scritto la sceneggiatura del film Malina (1991) di Werner Schroeter, dal libro di Ingeborg Bachmann. Il suo romanzo La pianista (1983) ha ispirato l'omonimo film del 2001 di Michael Haneke.
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