TAKING CARE OF BABY
Taking care of baby
di DENNIS KELLY
traduzione
Pieraldo Girotto
regia
Fabrizio Arcuri
con Isabella Ragonese
e Matteo Angius, Francesco Bonomo, Pieraldo Girotto, Francesca Mazza, Sandra Soncini
in video Vinicio Marchioni, Fiammetta Olivieri, Paolo Perinelli
materiali sonori
Subsonica tratti da mentale/strumentale (inedito nel cassetto)
luci
Diego Labonia
assistente light designer e datore luci
Chiara Martinelli
video
Lorenzo Letizia
scene
Gianni Murru
assistenza alle scene
Michela Bevilacqua
costumi
Valeria Bernini
organizzazione
Rosario Capasso
produzione
Accademia degli Artefatti – Teatro Stabile di Torino - Napoli Teatro Festival Italia
Teatro Stabile di Torino
LINK VIDEO https://vimeo.com/50609147
TAKING CARE OF A BABY
ovvero: la vertigine della verità
Il testo di Kelly ha una forma anomala almeno nel panorama delle scritture in Italia, di verbatim/drama o di teatro/documentario, costruito su reali interviste e materiali relativi a casi di cronaca.
Una donna viene accusata di aver assassinato i suoi due bambini. Una Medea contemporanea, insomma.
Una voce, la cui origine è sempre incerta (dentro o fuori dalla storia, o dallo spettacolo), pone domande ai protagonisti della vicenda, li richiama ad assumere una posizione, nel tentativo di ricostruire la storia di cui se ne conoscono solo i tragici esiti, nell’intenzione di rimettere insieme i pezzi di un mosaico la cui ricomposizione non è mai definitivamente certa.
Ognuno sente di avere una colpa da cui tenta di difendersi: nessuno è innocente quando una madre arriva a compiere un gesto così tragico. La responsabilità anche se non diretta, è sempre diffusa: è una responsabilità sociale, psicologica, relazionale.
C’è anche la colpa di chi non ha fatto nulla per evitare la tragedia. La colpa è antica, storica in qualche modo.
Anche il filtro mediatico rende partecipi di quel dolore, e insieme, in un modo più o meno consapevole, collusi con quel gesto.
Lo spettatore, televisivo o teatrale che sia, può e deve scegliere a cosa credere.
La sua diventa così una posizione naturalmente critica rispetto alla storia e alla sua rappresentazione. La questione qui non è solo ideologica o estetica. La domanda è necessaria e inaggirabile – a cosa credere?
Questo è il racconto di una battaglia tra la tenerezza inguaribile di una tragedia e il tentativo artificioso e lucidamente perverso del suo racconto.
Una battaglia tra la verità sempre rimandata e nascosta, ma per sua natura sempre reale, e la finzione plastica della rappresentazione.
Una battaglia che coinvolge tutti, che chiede a tutti di scegliere da che parte stare: al di là del giusto e dello sbagliato, al di qua dei successi o dei fallimenti.
Un lento cadere in una vertigine narrativa – questo è lo stato di chi legge o assiste a TAKING CARE OF A BABY, testo del 2007 del drammaturgo inglese Dennis Kelly. Uno spaesamento e un turbamento di chi prova a capire dove sia la verità e lo fa attraversandone una ricostruzione che immancabilmente, ne è una sua decostruzione.
Sembra tutto chiaro e invece non lo è. Sembra tutto già scritto ma invece niente è stato ancora detto.
Una tragedia contemporanea, che è antica perché già successa e perché già mille volte raccontata, ora scomposta e ridisegnata fino a diventare un’immagine tanto ben documentate tratteggiata, quanto irriducibilmente opaca e incerta.
La forma della comunicazione come occultamento di ogni contenuto, ma anche come unico ed estremo tentativo di contenere e trattenerne la realtà.
E poi c’è la tenerezza del dolore e della colpa, l’amore sconosciuto, Il disagio esistenziale. Il fallimento personale e psicologico. Le lacrime dell’indicibile.
E anche i meccanismi risoluti e irrisolti della politica e della scienza, e le loro narrazioni: la macchina del discorso come costruzione arbitraria della propria identità. La televisione con la sua potenza comunicativa, con la sua capacità di sopravvivere a tutto, comunque, come contenitore ultimo di ogni contraddizione. Un dispositivo di distrazione di massa, un cortocircuito sociale, un turbamento esistenziale: ecco le linee che disegnano questa vertigine rappresentativa, che è il testo di Kelly, che è la realtà che sempre proviamo, e ci provano, a raccontare.
Elementi d’interpretazione di una vertigine
Cosa: una tragedia antica e un evento di cronaca contemporanea. O più semplicemente, una tragedia contemporanea. Ma anche, in qualche modo, un mito fondativo della cultura e della ‘civiltà psicologica occidentale’. Una ferita aperta, una paura diffusa.
Come: uno spettacolo teatrale, o almeno la sua genesi la sua preparazione. Un documentario televisivo. Un mockumentary. Un’indagine psicologica. Una documentazione giornalistica.
Perché: la ricerca della verità. La ricostruzione di una verità, o la sua decostruzione. L’invenzione di una verità. Il racconto di una falsità. Il racconto di un’incertezza. L’irriducibilità della realtà. La consistenza della finzione.
Chi: una madre, un padre, un giornalista, uno psicologo, un politico (che è anche la nonna dei bambini uccisi), un regista teatrale (o forse un giornalista o un procuratore giudiziario). Ognuno con la sua porzione di verità e con I suoi tentativi di prendere una posizione, di disegnare il proprio ruolo (dell’evento e dello spettacolo), di difendersi dal ruolo che la storia o lo spettacolo ha deciso di attribuirgli.
‘Al pubblico restano frammenti di vite private, riflessioni sull’aggressività dell’opinione pubblica, quella generale attrazione-repulsione che comanda la dinamica voyeuristica nei confronti di quelle tragedie che vorremmo non ci capitassero mai. Al punto che è un inquietante sollievo quello che ci assale quando, tornati a casa, gli unici risultati indicizzati cercando su Google "sindrome Leeman-Keatley" sono le recensioni di “Taking Care of Baby”. Un testo complesso, tradotto benissimo da Pieraldo Girotto, magnificamente interpretato da tutti gli attori, diretto con rigore, e che trova un vero senso alle piccole forme ibride del teatro e dei suoi linguaggi di straniamento, quelli con cui l’Accademia degli Artefatti compone la propria ricerca’
(Sergio Lo Gatto, dalla recensione alla mise en space di Taking care of a baby / Rassegna TREND – Teatro Belli di Roma / aprile 2011
L’autore
Dennis Kelly ha poco meno di 40 anni. Ha esordito nel 2003 sulla scena teatrale londinese con l'acclamatissimo Debris. Nel 2004, il suo Osama The Hero è stato rappresentato con successo all'Hampstead Theatre. After the End ha debuttato in prima mondiale al Traverse, Theatre di Londra il 5 agosto 2005, ottenendo poi grandi consensi al Festival di Edimburgo. Taking care of baby è sicuramente il testo che ha consacrato Kelly a drammaturgo di fama mondiale.
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