AN OAK TREE
AN OAK TREE
di Tim Crouch
traduzione Luca Scarlini
si alternano nelle repliche Matteo Angius, Gabriele Benedetti, Pieraldo Girotto
ad ogni replica un attore ignaro del copione
regia Fabrizio Arcuri
paesaggi sonori Dj Rasnoiz
cura degli ambienti Diego Labonia
organizzazione Rosario Capasso
produzione accademia degli artefatti07
in collaborazione con: Le Chant du Jour, British Council, Trend - Nuove frontiere del Teatro Britannico, Santarcangelo - International Festival of the Arts, Festival Teatri delle Mura di Padova, Armunia - Castiglioncello, AREA06, IED Moda lab - Roma
An Oak Tree racconta di un ipnotizzatore e del suo spettacolo. E racconta dell’attore che interpreta l’ipnotizzatore e dello spettacolo che fa. Il tutto nel mezzo di una struttura drammaturgica che resta sempre ambigua e spaesante.Il secondo interprete è ogni sera diverso, nonché ignaro della storia e delle battute che interpreterà: riceve il copione solo durante la messinscena, senza istruzioni registiche o informazioni. È in fondo la storia della continua metamorfosi della vita nell’arte e viceversa, di elementi personali nel meccanismo dell’arte, tra momenti di grande pathos e lampi di humour nero, a seconda degli interpreti e delle loro reazioni. Il testo non è solo un eccezionale meccanismo teatrale, ma anche il racconto di una vicenda che gli spettatori e l'attore ospite scopriranno insieme..
Oltre al secondo attore che è nuovo ogni replica, anche nel ruolo dell’ipnotizzatore si alternano tre attori della compagnia, realizzando una molteplicità artistica e estetica, rispondendo ancora più radicalmente alla sfida che lancia il testo di Crouch: per questo si consiglia la visione di almeno due repliche di An oak tree, per poter così cogliere la complessità e la preziosità del progetto. L’assoluta inconsapevolezza dell’attore esterno invitato ogni sera a prendere parte allo spettacolo è l’elemento fondamentale che determina l’aleatorietà e in qualche modo il fallimento preordinato, si prega dunque chiunque voglia partecipare a questi piccoli esperimenti di non raccontarli e di non scriverne in termini di plot e di svelamento di quello che accade in scena.
Estratto - Una quercia (1973)
Oggetti, acqua e testo
Collezione: National Gallery of Australia
Di Michael Craig-Martin
( C’è un bicchier d’acqua su una mensola. Questa è un’opera di un artista britannico, Michael Craig-Martin del 1973. Accanto al bicchier d’acqua c’è questo testo:)
Estratto 1
D. Per cominciare, potresti descrivere il tuo lavoro?
R. Certo. Ciò che ho fatto è trasformare un bicchier d’acqua in una quercia secolare senza alterare gli incidenti di un bicchier d’acqua.
D. Gli incidenti?
R. Si. Il colore, la superficie, il peso, la dimensione…
Q. Intende dire che il il bicchier d’acqua è il simbolo di una quercia?
R. No. Non è un simbolo. Ho trasformato la sostanza fisica del bicchier d’acqua in quella di una quercia.
D. Ma sembra un bicchier d’acqua.
R. Certo. Non ho cambiato le apparenze. Ma non è un bicchier d’acqua, è una quercia.
Estratto 2
D. Lei crede che trasformare un bicchier d’acqua in una quercia sia un’opera d’arte?
R. Si.
D. Qual è precisamente l’opera d’arte? Il bicchier d’acqua?
R. Non c’è più il bicchier d’acqua.
D. Il processo della trasformazione allora?
R. Non c’è alcun processo di trasformazione.
D. E’ la quercia?
R. Si. E’ la quercia.
(Estratti pubblicati per gentile concessione di Michael Craig-Martin)
Estratti rassegna stampa
"Gli Artefatti, nei lavori ideati da Tim Crouch, agiscono invece sullo svelamento e sulla messa in discussione dei meccanismi dei patti della comunicazione teatrale con gli attori e gli spettatori obbligati a trascurare gli eventi narrati e a prendere atto e a vivere in comune l'esperienza della separazione tra i ruoli e i compiti di "individuo", "attore" e "personaggio" [...]. L'esperienza teatro si trasferisce qui su un piano teorico, di riflessione sulla rappresentabilità del reale."
Sandro Avanzo, Liberazione, 10 luglio 2007
"Quanto succede in An Oak Tree [...] dipende infatti essenzialmente dal "momento", dagli attori di volta in volta impegnati in scena, dall'ospite sempre diverso che a ogni replica, non sapendo cosa andrà a fare, misteriosamente farà, reciterà, starà ai patti stabiliti da una partitura di improvvisazione che non si struttura "prima" dello spettacolo, bensì durante".
Laura Novelli, Il Giornale, 1 dicembre 2007
"An Oak Tree e My Arm, testi del caustico autore-regista-attore britannico Tim Crouch, vengono coniugati dal regista Fabrizio Arcuri e dall'Accademia degli Artefatti tutta in un ab(-)uso attoriale e testuale di rara pericolosità".
Luigi Coluccio, Close-Up, 1 dicembre 2007
"Con rara lucidità e coerenza Fabrizio Arcuri e l'Accademia degli Artefatti continuano con due atti unici di Tim Crouch [...] Teatro smontato e messo a nudo, caustico invito a non fidarsi di nessuna certezza (o di nessun abuso di potere) spettacolare. Si esce con l'impressione che gran parte della merce in circolazione sia avariata o scaduta".
Nico Garrone, La Repubblica, 31 dicembre 2007
"Tre, due, uno. Lo spettacolo An Oak Tree [...] è come un lungo lancio. Solo che invece di atterrare poi da qualche parte si rimane sospesi. Complice sicuramente il testo di Tim Crouch, che il regista Fabrizio Arcuri tiene in mano come un grosso cubo di Rubik, e ogni volta che crediamo di riuscire a intravedere un barlume d'unità cromatica, con un semplice tlic, ci ritroviamo da capo [...] Chi può dirci/darci la verità, ci chiede l'autore, se rimaniamo seduti a guardare in avanti? Forse un ipnotizzatore? Forse un artista, che fa della menzogna una condizione di necessità? Nessuno nasce fuori dalla caverna. Gli Artefatti però hanno progettato di voltarsi."
Eva Costa, dramma.it, 26 febbraio 2008
"Quello che ci interessa, infatti, è la partita a due teatrale fra il protagonista che varia a seconda dei giorni (quando l'ho visto io il bravo Pieraldo Girotto) e un attore che sta fra il pubblico (Federica Fracassi, sorprendentemente duttile) pronto ad assumere diverse identità a seconda della sedia sulla quale si siede, guidato e spinto a improvvisare dalla presenza debordante da deus ex machina dell'illusionista."
Maria Grazia Gregori, delteatro.it, 13 marzo 2008
"Si esce frastornati, ma anche con la voglia di aprire le finestre e far prendere aria a tanto teatro stantio che c'è in giro. Perché An Oak Tree [...] è un esperimento ardito, un funambolismo senza rete [...]. Arcuri raddoppia l'effetto straniante facendo ruotare tre attori nel ruolo fisso, in uno spettacolo che dà le vertigini senza mai cadere, e il rischio c'è, nel raffazzonato."
Simona Spaventa, La Repubblica, 15 marzo 2008
ULTIMO SPETTACOLO
-
9 Gennaio 2020
My Arm
- > scheda
-
Teatri di Vitavia Emilia Ponente, 485 - Bologna
NEWS
-
per info: accademiadegliartefatti@gmail.com
-
Collaborazioni artistiche
dal 2015 accademia degli artefatti accompagna artisticamente e cura la produzione di altre compagnie ed artisti:
Compagnia FrosiniTimpano
Compagnia AngiusFesta
Michele di Mauro per lo spettacolo Confessione